Il laboratorio Sguardi sui Generis nasce all'Università di Torino nel 2010 con l'intento di costituire uno spazio di discussione e crescita sulle questioni di genere. Un contenitore aperto, dunque, che si pone il duplice obiettivo di approfondire la formazione teorica e di favorire, al contempo, l'affermazione di una soggettività collettiva capace di confrontarsi e intervenire sulle problematiche di genere più attuali.

domenica 7 aprile 2013

Appunti sul seminario 'Geografie dei corpi' con Marco Pustianaz


Pubblichiamo alcuni appunti e riflessioni a seguito dell'incontro seminariale 'Geografie dei corpi' con Marco Pustianaz che abbiamo proposto all'interno del progetto 'What's Body?'. Al fondo abbiamo riportato anche gli audio del seminario e alcuni riferimenti bibliografici utili.
Il prossimo appuntamento di 'What's Body?' è per il 22 Aprile con il seminario 'Lavori in corpo - Produzione, riproduzione e stereotipi' assieme al Laboratorio Smaschieramenti di Bologna...a brevissimo daremo maggiori informazioni e riferimenti sull'incontro!

Cos’è il corpo? La domanda già suona impropria.

Chiedendoci “cosa è un corpo” stiamo oggettivando una parte di noi, come se questa si potesse guardare indipendentemente, o al di là, di quel “noi”. Possiamo? Possiamo scinderci dal nostro corpo ed osservarlo davvero? Con questa domanda, il corpo, lo stiamo rendendo generico? Un generico corpo x ? E perché utilizziamo la lingua inglese? Forse per prender distanza da quel “oggetto”? Da quella domanda?
 ... domanda così diretta da provocar spavento?

I movimenti femministi degli anni Settanta combattevano e portavano avanti le loro istanze proprio a partire dal corpo, dal proprio corpo. Corpi specifici e legati a delle soggettività concrete. Attorno a questi si sviluppavano discorsi a partire da concetti quali l’autodeterminazione, la liberazione sessuale, la riproduzione, la violenza sulle donne. Questi discorsi erano molteplici. La storia del femminismo, o meglio dei femminismi, è storia di provocazioni e, spesso, di contraddizioni, ma è sicuramente in questa storia che nasce l’esigenza di portare il corpo, con i suoi aspetti più intimi e privati, nell’arena pubblica e politica.

Perché oggi riproponiamo una domanda così esplicita sul corpo? Quali sono le nostre esigenze? Dove avvertiamo delle problematicità attorno a questa parola, tanto da spingerci ad interrogarci su di essa?

Come Laboratorio Sguardi Sui Generis siamo convinte che la provocatorietà insita nel modo e nel fatto stesso di porre una simile domanda, ci appartenga, oggi quanto ieri. Infatti in un oggi dove la sanità, il lavoro, l’istruzione, la cultura vengono smantellati ogni giorno di più, i nostri corpi, proprio i nostri, perdono diritti: diritto di ammalarsi; di riposare, di disporre di sé, di aver coscienza di sé e degli altri.


La lingua inglese? Beh forse su questo stile potremmo interrogarci, non è stata troppo ragionata come scelta. È successa, così, nel gioco del dare un nome al progetto, dinne uno, dinne due, dinne tre: What’s body ?!
Perché ci è suonato bene in questa lingua? Ci si è infilato a tradimento il colonialismo anglofono? Possibile. Una lingua straniera aiuta ad allontanare un concetto, ad edulcorarlo, abbiamo voluto prender le distanze dal corpo per rendercelo più comprensibile? Anche questo, dopotutto, è possibile.
Sicuramente dietro a un titolo, più o meno strategicamente accattivante, esiste una riflessione profonda che a partire dai nostri corpi vuole proporre delle analisi su alcuni di quei molteplici temi che, dalle idee sul corpo, possono svilupparsi.
Questa la mappa che abbiamo proposto:




Se il discorso sul corpo ci appartiene oggi quanto ieri, è indubitabile però che il come ci appartenga sia invece mutato. Dopo i discorsi del corpo umano in quanto organismo, macchina a disposizione di un Io pensante, piuttosto che di un corpo posseduto e parziale, segnato dalla differenza, è anche possibile oggi far discorsi post umani. Possiamo infatti allargare il campo all’ecologia, dunque all’ambiente in cui questi corpi umani vivono, insieme ad altri. Parlare di ecosistemi significa prestare attenzione alle economie che entrano in campo a determinare gli ambienti e la vita in essi, diventa pertanto imprescindibile osservare la sostenibilità delle interdipendenze tra questi soggetti: corpi, ecosistemi ed economie.

Il lavoro è un tema che si apre sul discorso della costruzione di corpi utili, disciplinati, produttivi e prosegue su quello della capacità del capitale di mettere a valore, e dunque di sfruttare, le differenze. Così la precarietà di oggi, ad esempio, costruisce soggetti multitasking, dinamici, flessibili, dove l’arte dell’adattamento e della resistenza del soggetto diviene il know how da pretendere e da spremere. Il corpo in tutto questo lo possiamo vedere ancora una volta nelle sue differenze. Quello di una donna più adatta di un uomo a lavori relazionali e di cura (differenza di genere), quello di una filippina o di una sudamericana, ancora  più adatta a lavori di cura (differenza di genere e di razza), quello di un gay adattissimo a fare il commesso (differenza sull’orientamento sessuale).

Se l’interruzione dell’unicità, dell’universalità del concetto di corpo umano avviene con il femminismo, che nel rendere visibile l’asimmetria di potere tra uomo e donna ha marcato la differenza di genere, nel succedersi delle lotte sono andate marcandosi altre differenze (l’orientamento sessuale attraverso il movimento lesbico e gay; la razza attraverso il movimento afroamericano). Il sistema capitalistico in tutto questo ha una profonda capacità di inglobare, assimilare e sfruttare nuovamente le differenze. I nostri corpi vengono così digeriti ogni volta.

Se i movimenti sociali cambiano i corpi marcandoli di qualche differenza allora è l’essere situati nelle geografie del potere che porta a posizionarsi e a decidere di volta in volta quali differenze non siano negoziabili. Esistono corpi silenziati, privilegiati, repressi, leggere i corpi può perciò significare: rendere visibili le cartografie del potere.

In tutto questo gli elementi che leggiamo o scriviamo non sono altro che discorso? Noi produciamo la nostra soggettività? E, in diverse misure, quella degli altri? Quanto possiamo autodeterminarci? Possiamo riprendere possesso del nostro corpo? Come? L’autodeterminazione è un orizzonte verso cui tendiamo eppure resta sempre sfuggente: «Il tuo corpo ti determina. Ti butta in un campo o in un altro». Nasciamo con quel particolare corpo, con le sue caratteristiche, i suoi attributi. Eppure è da lì, dal nostro essere determinati che possiamo iniziare la nostra tensione all’autodeterminazione.

A partire dal femminismo, il discorso tra sesso e genere diviene uno dei grimaldelli per strappare l’essere Donna e Uomo al campo della Natura. La differenza tra Natura e Cultura sta essenzialmente in uno spazio politico dove, al posto dell’immutabilità di una gerarchia data, poniamo il cambiamento e la capacità di adattamento di corpi che, pur con le loro caratteristiche, o forse proprio grazie ad esse, possono scegliere e determinare dove situarsi.
Se osserviamo in particolare ciò a cui porta la medicina e le sue tecnologie, si può forse dire che il corpo non è mai stato naturale. La medicina infatti ha stabilito l’esistenza unica dell’essere umano differenziandolo dagli animali. In seguito ha stabilito l’esistenza di due esseri umani distinti tra loro dal sesso. Insieme alla scienza altri grandi poteri hanno stabilito leggi “naturali”, primo fra tutti quello della Chiesa.

Oggi parliamo di cyborg, di corpi nelle reti, di corpo come informazione. L’importanza di interrogarci sul corpo non si dissolve ma continuano a mutare le modalità per farlo. Ciò che resta è inoltre il fatto che il corpo, e noi con esso, continua ad essere sia occasione che esposizione agli occhi degli altri. Ci determiniamo scegliendo cosa marcare e sviluppare di noi eppure gli altri ci marcheranno e situeranno a loro volta. In questo spazio, essenzialmente politico, si dipanano differenziali di potere su cui è utile interrogarsi per tendere verso un’autodeterminazione, per noi fondamentale anche se costantemente negoziata, in primo luogo con il nostro stesso corpo.      

A questi link è possibile ascoltare la registrazione audio dell'incontro:

ALCUNI RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI:

Sui femminismi e il corpo della donna:
Adriana Cavarero, Il pensiero femminista. Un approccio teoretico.
Marina Cacace, Femminismo e differenze nelle società post-moderne in Femminismo e generazioni 
Carla Lonzi, Manifesto di rivolta femminile in Sputiamo su Hegel
Lea Melandri, http://www.universitadelledonne.it/lea8nov08.htm

Femminismo e Cyborg:
Donna Haraway, Manifesto Cyborg. Donne, tecnologie e biopolitiche del corpo
Rosi Braidotti, Il pensiero femminista nomade

1 commento:

  1. Pubblichiamo il commento a questo post di Marco Pustianaz che pone ulteriori spunti di riflessione:

    ciao,

    grazie per il link. mi sembrano belli questi appunti post-seminario.
    sicuramente molti di questi filoni sono talmente importanti e complessi che meritano approfondimenti, concreti e specifici.

    a me viene in mente non soltanto il disciplinamento dei corpi alla produttività ma anche la volatilità del valore dei corpi, che possono a un tratto essere del tutto spendibili.

    non è dunque la messa a valore dei corpi per uno scopo produttivo specifico a dominare ma, man mano che il termine stesso "produzione" si dematerializza, i corpi sono soggetti alla medesima disponibilità aleatoria.

    lo stesso corpo può contare ipertroficamente (tanto da esigere da noi stessi un costante auto-monitoraggio) quanto assottigliarsi e non contare assolutamente nulla. sono anche quelle Vite precarie di cui ha scritto la Butler.

    la nostra teoria dovrebbe spaziare contemporaneamente e restringersi infinitesimamente - nelle molecole stesse del corpo biopolitico.

    forse l`attenzione va diretta non tanto sul corpo ma deve partire dal corpo per riuscire a sentire cosa ci sta capitando in questi passaggi che sono tutto tranne che graduali, regolari, o smontabili una volta per tutte. dobbiamo praticare anche noi una contro- flessibilità, senza dimenticare che il corpo è sempre un assemblaggio (corpo-mente-
    affetto-ecosistema). la nostra soggettività sta negli interstizi di questi flussi e dispositivi. ma anche la politica dei corpi ormai sta in gran parte nella gestione dei flussi. migranti piu` che nomadi.

    a roma ci sono stati momenti interessanti e il confronto con il pensiero di mario mieli sempre ricco e un poco spiazzante. ho anche incontrato materiali interessanti che sicuramente conoscete gia`. http://anarcoqueer.wordpress.com/

    a presto,
    marco

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