Il laboratorio Sguardi sui Generis nasce all'Università di Torino nel 2010 con l'intento di costituire uno spazio di discussione e crescita sulle questioni di genere. Un contenitore aperto, dunque, che si pone il duplice obiettivo di approfondire la formazione teorica e di favorire, al contempo, l'affermazione di una soggettività collettiva capace di confrontarsi e intervenire sulle problematiche di genere più attuali.

mercoledì 28 marzo 2012

Impresa e genere: elementi di contro-soggettivazione nella lotta delle lavoratrici Omsa

Il 24 e 25 Marzo abbiamo partecipato al seminario di Uninomade su 'Impresa e soggettività', una due giorni in cui, a partire dalla discussione e riflessione sui cambiamenti della forma impresa come spazio di soggettivazione, pensare ed elaborare progetti di inchiesta militante.
Pubblichiamo la proposta di inchiesta che come Laboratorio Sguardi Sui Generis abbiamo portato all'interno del seminario.


Premessa:
La scelta del taglio e dell'oggetto d'inchiesta
Nei processi di soggettivazione del nuovo capitalismo, il genere gioca un ruolo decisivo. Lo osserviamo specialmente analizzando i dispositivi attraverso cui il capitale produce le forme di consenso che – per così dire – ottimizzano il tasso di sfruttamento. Ci richiamiamo esplicitamente alle diagnosi generale sulla “femminilizzazione del lavoro”, ma ci piacerebbe ragionare sui singoli dispositivi (sui dettagli, più che sul quadro). Due esempi possono essere utili per spiegare a quali tipi di fenomeni ci riferiamo:

a) Si consideri il dispositivo esterno del ricatto della precarietà che pare funzionare con particolare efficacia proprio sulle donne. L'elemento su cui ci interessa riflettere (consapevoli che ce ne sono numerosi altri) sono le modalità attraverso cui le donne tendono ad assestarsi su un terreno di retroguardia nella lotta alla precarietà nella misura in cui interiorizzano una logica discorsiva che connette – senza via di scampo – reddito e maternità. A questo livello ci interessa individuare possibili elementi di soggettivazione che reagiscano al ricatto della precarietà in un quadro non reattivo (e, va da sé, estremamente reazionario). Detto fuori dai denti: su quale terreno le donne possono ricomporsi e rivendicare un reddito per sé, né per figli (reali o potenziali), né per la famiglia?



b) Si considerino, in seconda battuta, dispositivi interni di produzione del consenso come, ad esempio la retorica meritocratica che viene “venduta” alle donne come una sorta di strategia del riscatto. Sulla leadership femminile nelle aziende (o in generale nei posti di comando) si costruisce  una vera e propria ridefinizione delle forme di sfruttamento che va ben al di là delle retoriche politicaly correct. Più donne al comando, più c'è avanzamento economico, culturale e sociale: questo il messaggio che ha il solo compito di assoldare le donne alla causa del capitale. L'impatto di questa retorica è ben visibile nel nostro paese se si presta attenzione al movimento Se non ora quando, ma anche in fenomeni di interiorizzazione più ruspanti e meno middle class. Il mondo universitario è forse quello in cui questa retorica ha attecchito maggiormente, tant'è che il processo di impresizzazione dell'università fa ampiamente leva sul consenso femminile. Se il capitale fa leva sulle passioni negative della frustrazione e del riscatto (maturate in un contesto realmente sfavorevole alle donne), quali passioni positive possono essere ricomposte per processi di contro-soggettivazione?

Questi due esempi mostrano l'efficacia con cui il capitale fa leva sul genere e mette in luce, al contempo, l'ambiguità dei processi di interiorizzazione. Il caso delle lavoratrici della Omsa costituisce un utile esempio d'inchiesta in quanto sottrae il genere alle retoriche padronali e ne fa, al contrario, un elemento strutturale di contro-soggettivazione.

Il secondo fattore che ha motivato la scelta dell'oggetto da inchiestare costituisce una sorta di sfida. Siamo consapevoli di orientare l'attenzione verso una forma di produzione “tradizionale” e, per molti versi, distante dalle forme di sfruttamento che ci riguardano più direttamente (la composizione del Laboratorio è principalmente di studentesse/lavoratrici precarie e dottorande/lavoratrici precarie). Assumendo l'ipotesi della centralità dell'impresa (pur nella sua ridefinizione contemporanea) e quella correlata della fluidità del confine tra dentro e fuori dall'impresa, l'obiettivo dell'inchiesta (la sfida) è trovare un terreno comune di lotta che sappia interfacciare realtà eterogenee. L'ipotesi è che il genere possa costituire un terreno su cui costruire una comunanza capace di ricomporre un soggetto politico, frammentato nelle sue specificità sociologiche.

L'inchiesta:
Soggettività e produzione del consenso: genere e dispositivi aziendali
La prima fase dell'inchiesta intende mettere in luce il nesso tra soggettività e genere dal punto di vista del capitale (se così si può dire). Vi è una specificità femminile della retorica della crisi? Come è stata agita nel caso Omsa? Prima della crisi, in che modo il genere è strumento di cooptazione?  Quali forme di “femminilizzazione del lavoro” in un contesto produttivo “tradizionale”? Quali strategie di risposta alle lotte (particolarmente significativa, ad esempio, la retorica del “secondo stipendio”).

Contro-soggettivazione: genere e lotte politiche
La seconda fase dell'inchiesta vuole individuare elementi di soggettivazione politica potenzialmente generalizzabili ad altri contesti di lotta. Gli elementi che possiamo segnalare in via preliminare (emersi durante il boicottaggio) sono i seguenti:
- il caso Omsa ha visto innescarsi un circolo virtuoso tra lavoratrici e consumatrici che ha fatto leva proprio sul genere. (Indicativo lo slogan “non vestiremo sfruttamento” che ha accompagnato il boicottaggio, in cui alla visibilità del prodotto si sostituisce l'esplicitazione dei rapporti di produzione);
- nel sodalizio tra consumatrici e lavoratrici, inoltre, si è imposta una risposta secca alle retoriche che tendono a contrapporre precari e lavoratori stabilizzati (retoriche che preparano il campo alla ristrutturazione del mercato del lavoro);
- il dispositivo del ricatto (particolarmente incisivo nella crisi – si pensi alla vicenda Lux Ottica a cui sarebbe anche interessante dedicare un po' di attenzione in prospettiva di genere) è stato rovesciato in un terreno di possibile di connessione tra le lotte.

Come sono stati vissuti questi processi dalle lavoratrici Omsa? La vicenda ha innescato un processo di stabilizzazione della soggettività politica al di là della risposta all'emergenza? Quali potenzialità nella circolazione della lotta tra il dentro e il fuori dell'azienda? Quali indicazioni da una lotta che ha costruito una rete tra realtà molto eterogenee?

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